Un popolo senza memoria


mia madre, il giorno delle nozze
2 dicembre  '44
Il pezzo è stato pubblicato nella rubrica Oltre la penna degli Amanti dei libri al link:  www.gliamantideilibri.it

Sto scrivendo una storia di ambientazione partigiana. Bella roba, dirà il lettore, roba vecchia di almeno settant’anni. Dissento: 70 anni nella storia di una nazione sono niente, un alito di vento, soprattutto per un popolo che ancora non ha fatto i conti con la propria storia. Tutti, o quasi, ci siamo divertiti, appassionati e commossi di fronte alla rilettura che della nostra Costituzione ha fatto Roberto Benigni. Bene, la nostra Costituzione viene da lì, dalla lotta partigiana e da vent’anni di buio. Da allora il mondo intero è cambiato, ma “la Costituzione più bella del mondo” è rimasta giovane, come fosse stata scritta iersera.
Parlo di “storia” e non di romanzo partigiano per rispetto a Beppe Fenoglio ed all’immensità di lui come autore, che del romanzo partigiano è stato maestro. Ricordo ancora l’emozione che mi diede, sui banchi del liceo, la lettura integrale de La malora che un professore illuminato ci impartì, lui che sapeva alternare sapientemente Ovidio ai contemporanei. La malora è un romanzo breve di dura vita contadina nelle Langhe, ma poi fu la volta de Il partigiano Johnny, con tutti quei neologismi e le frasi in inglese, pubblicato postumo soltanto pochi anni prima, ad aprire ad un linguaggio letterario modernissimo la resistenza italiana, ancora malata di provincialismo.
Tornando a noi, lo spunto per il racconto me l’ha dato una piccola storia familiare. I miei genitori si sposarono nel dicembre del ’44, e le loro nozze ebbero del rocambolesco. La funzione venne interrotta da un allarme aereo e tutti gli astanti corsero verso il rifugio, lasciando soli il sacerdote, i miei e i testimoni, imperterriti sotto il bombardamento. Mia madre, figlia di un fervente socialista d’altri tempi, contribuì a ospitare nella casa paterna una famiglia ebrea, altrimenti destinata al campo di sterminio. Questo fatto accadde con la naturalezza dei piccoli-grandi gesti ed è solo grazie all’insistenza di mia sorella che mia madre, poco prima di lasciarci, acconsentì a scriverne in una sorta di breve diario di ricordi.
Nell’era della rete e dei “cinguettii” di twitter, la perdita della trasmissione orale tra le generazioni ci priva quasi del tutto di memoria, che nessun libro di storia ci può restituire. Perché le storie narrate ci permettono, a differenza della cronaca, di aprirci ai sentimenti, alle emozioni ed al pensiero, attivano il processo di identificazione e attingono al simbolico, di cui ha fame la nostra anima. Mia figlia, ad esempio, oltre che a scuola, si è formata la sua coscienza critica anche ascoltando il racconto che della ritirata di Russia le fece il nonno materno, tenendola sulle ginocchia. La perdita della memoria storica io la considero alla stregua di un piccolo crimine sociale.
Così, rischia di tornare d’attualità il tema del fascismo, non solo perché nelle recenti elezioni si potevano trovare in corsa ben quattro formazioni di ispirazione neo-fascista, ma per il ruolo che assume Alba dorata in Grecia e per la svolta autoritaria in Ungheria, di cui parla il solo Saviano. Sono quotidiani i tentativi di rivalutazione del regime fascista da parte di esponenti politici di primo piano, per ignoranza prima ancora che per strumentalità, nel cuore di una crisi che non ha precedenti. C’è un’Italia da rifare, qualcuno dice che è un’impresa quasi analoga a quella della ricostruzione dopo la guerra. E allora, riscattare la memoria è opera necessaria.
Così, con questo spirito, ho scelto di accingermi a raccontare la storia di due ragazzi negli ultimi mesi di guerra, protagonisti di eventi molto più grandi di loro, di cui sono in gran parte inconsapevoli. Le storie di due ventenni, l’una liberamente ispirata a mia madre, l’altro un partigiano di una “volante” adibita ad azioni di sabotaggio in pianura. Due storie che si incroceranno, in un tempo di crisi che richiedeva il coraggio di scelte coraggiose. Compiute quasi inconsapevolmente, solo perché era giusto prenderle.
Ho letto Io sono l’ultimo, un lavoro di ricerca recentissimo sulle testimonianze degli ultimi partigiani ancora viventi, edito da Einaudi, e in tutti albergava la certezza di essere nel giusto.
Oggi sono altre le scelte coraggiose che si richiedono a chi, appartenendo ad una generazione a cui abbiamo rubato il futuro, ha di fronte a sé un domani di precarietà.
Scelte non meno impegnative, come quella di restare, nonostante tutto.

20 marzo 2013
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L'intervista dopo l'uscita di Questa notte è la mia, romanzo



L'articolo è comparso su www.infinitestorie.it con il titolo "Rincorrendo la vita".

Mantenere la mente lucida, sempre. Questo è quanto scrive Alberto Damilano sul suo blog. E questo è quanto ha dovuto ed è riuscito a fare da quando, nel 2009, si è ammalato di sclerosi laterale amiotrofica (SLA).Questa notte è la mia è il suo primo romanzo ed è l'esempio perfetto della sua forza d'animo. Un protagonista, Andrea, che a quarant'anni si scopre affetto da una grave malattia neurodegenerativa che ricorda in tutto e per tutto quella dell'autore ma che non verrà mai nominata. L'escalation di difficoltà giorno dopo giorno ma in parallelo una specie di miracolo: Andrea, giornalista insoddisfatto e con un matrimonio che sembra non avere più senso, decide di non lasciarsi andare, ma di trovare nuovi stimoli, nuove motivazioni e, già su una sedia a rotelle, si appassiona all'inchiesta che sta seguendo il giovane collega Francesco, un caso di infiltrazioni criminali nelle istituzioni torinesi, affiancandolo nelle indagini. Di questo romanzo Massimo Gramellini ha scritto: ”Credevo di leggere il racconto di una malattia e invece ho trovato una cura“. Alberto Damilano, che scrive per mezzo di un puntatore oculare, ha accettato volentieri di rispondere alle nostre domande.

D. Lei si è ammalato di SLA nel 2009 e sembra aver trovato forza e conforto nella scrittura, Questa notte è la mia è il risultato: quanto è stato importante per lei questo progetto, da dove è nata la necessità e in che modo l'ha aiutata?

R. In psichiatria, il mestiere che praticavo prima di ammalarmi, la dimensione narrativa è fondamentale. Nel percorso psicoterapeutico guarire è come demolire, almeno in parte, il racconto che si ha di sé e della propria vita per costruirne un altro. Per me scrivere è stato (ed è) come ritrovare se stessi e, insieme, una forma di cura. Le storie che curano non sono tali solo per chi legge, ma anche per chi scrive. È accaduto per caso, avevo aperto un blog in rete dove affrontavo argomenti vari e, come racconto nella post-fazione, una collega diventata giornalista e scrittrice, che apprezzava il mio modo di scrivere, mi chiese una testimonianza sulla malattia. Questa notte è la mia è nato così. Dal rifiuto di annoiare il lettore e dall'intenzione di coinvolgerlo in qualcosa che fosse in grado di appassionarlo. L'intensità del racconto, che qualcuno mi attribuisce, è dovuta, credo, alla passione stessa con cui l'ho scritto.

D. La bellissima dedica del libro è a sua moglie Francesca, ”che si è fatta ombra discreta“. Quale è stato il ruolo dei suoi familiari nell'accompagnarla verso la scrittura?

R. Convivere con la SLA in stadio avanzato non è impresa da poco, sia per l'interessato che per i familiari, materialmente e psicologicamente. Francesca è la mia àncora, mi dà la sicurezza che io sono sempre io (andate a rileggere le parole di Marta quando viene a sapere della malattia, le parole sono le sue). Scrivere, nelle mie condizioni, è anche faticoso, dovendo usare un puntatore oculare che legge i movimenti degli occhi su una tastiera virtuale. Lei è, quando scrivo, il custode della mia concentrazione: filtra le visite ed è discreta, appunto, presente e vigile quanto basta. La malattia, in questo stadio, è un rischio continuo, 24 ore al giorno. E poi ho una figlia meravigliosa, la prima fan di quel che scrivo.

D. Andrea, il protagonista de Questa notte è la mia, è un giornalista che si scopre malato di SLA (anche se la malattia non è mai nominata in modo esplicito) ma che reagisce con grande forza e si impegna in una complicata inchiesta giornalistica aiutando un collega più giovane e inesperto. Quanto c'è di autobiografico nel libro e come è nato il personaggio di Andrea? E ancora, perché ha scelto di non nominare la malattia nel corso della storia?

R. La figura di mio padre, autorevole ed autoritario, mi ha accompagnato tutta la vita, anche dopo che è mancato, contribuendo ad alimentare le mie insicurezze. Avevo bisogno di un personaggio che le amplificasse e tanto lontano dalla mia professione, così dal poterne prendere le giuste distanze. Un personaggio che, quando non c'è più nulla da perdere, accetta la malattia ed è capace di fare appello alle risorse interne migliori, che erano presenti e di cui non aveva consapevolezza. Che è, in parte, la mia storia. Ho scelto di non nominare mai la malattia perché volevo che il racconto avesse un valore in qualche modo universale. Restando alle malattie, non è solo la SLA a costringere a scelte radicali, estreme, che consente di riconsiderare in breve tempo l'intera vita e permette di riscattarla ai propri stessi occhi. Ma lo stesso accade di fronte ad accadimenti di altra natura e comunque imprevedibili e catastrofici, che pongono un aut aut brutale, o adattarsi o rinunciare a vivere. Se si è in grado di vivere una sorta di ”second life“, allora la gerarchia dei valori cambia e può accadere di incontrare territori umani prima inesplorati. È un'esperienza esistenziale completamente nuova.

D. Un personaggio molto importante del libro è però anche Massimo – medico psichiatra – caro amico e confidente di Andrea. I due appaiono allo stesso tempo lontani e vicini, simili e diversi, e sembrano sostenersi l'un altro. Vuole parlarci brevemente di questo rapporto di amicizia, del peso che ha nella storia e di quanto può essere importante un amico di questo tipo nella vita?

R. Massimo è, dopo Andrea, il mio secondo alter ego. È allo stesso tempo un paesaggio dell'anima con il quale tessere un dialogo interiore, quanto una persona reale, che non fugge per paura, semplicemente perché già ha dovuto fare i conti con la vita, e li ha risolti. È, in fondo, quella saggezza che ci manca di fronte alle grandi scelte della vita. È esperienza comune, ed è anche la mia, di perdere tante amicizie, una volta che l'ineluttabile si profila all'orizzonte. Per l'angoscia, in fondo, di confrontarsi con parti di sé irrisolte. Massimo è l'amico che non ti abbandona mai, quello che ognuno vorrebbe incontrare nella vita.

D. Il giornalismo investigativo, la malattia, il tema delle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni... I temi e le ambientazioni della sua storia fanno pensare che nel suo libro siano contenuti messaggi e denunce, affidati in parte alla postfazione. È effettivamente così? Quali sono i messaggi che affida al libro e che si augura giungano ai suoi lettori e magari non solo a loro?

R. Credo che la realtà sia molto complessa, ma che questo sia spesso un alibi auto assolutorio per le scelte non fatte. I peccati di omissione, mi si passi il termine, per me agnostico, sono i peggiori. Di fronte alla corruzione dilagante, all'ingiustizia sociale, agli stereotipi culturali ed ideologici che sequestrano la libertà di essere se stessi, non è possibile non prendere posizione, continuare a tacere. Non ho particolari messaggi da affidare al lettore, se non questo. Insieme al dovere di avere memoria. Sto scrivendo, in questo periodo, un romanzo di ambientazione partigiana, un periodo della nostra storia in cui le scelte erano difficili, eppure si seppe prendere posizione e scegliere la parte giusta, a costo della vita. È nei periodi critici che gli individui e i popoli sanno esprimere il meglio di sé, purché non solo se ne conservi memoria, ma si sappia renderla cosa viva e non oggetto da museo, oggetto di pura contemplazione estetica.

4 marzo 2013
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Si salvi chi può


Confesso: ho votato Pd. Sono uno di quegli elettori masochisti che si divertono un mondo a perdere, anche quando tutti ti danno del favorito. D’altra parte, piemontese come sono, avete un bel dire: hai a disposizione la Juve, che vuoi andare a complicarti la vita? Invece no, fin da piccolo del Toro. Dovrei decidermi finalmente ad andare in terapia, dopo una vita di stenti auto inflitti.
Fuor di metafora, ci contavo. Mi sono illuso che Berlusconi non avesse più presa. Il Cavaliere ha la non invidiabile capacità di ingigantire i vizi degli italiani: ha fatto diventare fenomeno di massa il voto di scambio, vi tolgo l’IMU, anzi, ve la restituisco. In cambio, datemi il voto. Sfrutta al meglio la parola d’ordine che usa da vent’anni, senza realizzarla mai: meno tasse per tutti. Ha ragione Vittorio Zucconi, noi siamo degli snob, Berlusconi è un burino, e vince.
Gli italiani dicono una cosa e ne fanno un’altra, sono dei bugiardi che ingannano anche i sondaggisti: all’estero i sondaggi sono una scienza, da noi uno sport. Questo vale anche per Grillo, solo chi vota il centro-sinistra lo dice, siamo dei fessi.
Bersani non ha semplicemente fatto campagna elettorale, mentre gli altri sparavano salve di mortaio, anch’io mi son trovato a dire: non risponde, però è una brava persona. Invece di dire che le cose andavano ribaltate, ha trasmesso sicurezza, ha fatto suo il motto democristiano della “forza tranquilla”. Ma serve a poco lamentarsi, è come sparare sulla Croce rossa, l’han scelto 3 milioni e mezzo di "notai", alle primarie. Ora ha sulle spalle la responsabilità di gestire il dopo voto, una crisi di governabilità da far tremare i polsi, senza gettare la croce all’inquilino del Quirinale sotto sfratto. Resistendo alle sirene dei governissimi.
E poi, passare la mano a Renzi il prima possibile.
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Una pagina storica

 
(21 nov. 2012)

Oggi, 21 novembre, è stata scritta una pagina storica nelle lotte per i diritti dei disabili nel nostro Paese. La delegazione dei malati in presidio davanti al ministero dell’Economia, guidata da Salvatore Usala, è stata ricevuta dal sottosegretario Polillo. Questi, nel corso dell’incontro, ha ammesso l’insufficienza dei 200 milioni di euro già stanziati e si è impegnato a incrementare il fondo raddoppiandolo.
Ha inoltre identificato il finanziamento, finalmente, come diretto alle cure domiciliari di tutti i non-autosufficienti gravi.
Per la prima volta è stato accettato che il riparto tra le Regioni avvenga con un decreto che vincoli strettamente l’utilizzo alle sue finalità specifiche e, inoltre, secondo i casi presenti regione per regione e non, come d’uso in questi casi, in base alla popolazione residente.
Sono stati accolti dunque principi basilari per una corretta gestione del fondo, l’inosservanza dei quali ha provocato, nel recente passato , uso improprio del finanziamento da parte delle Regioni stesse e il fatto che una regione con scarsa incidenza del fenomeno, ma densamente popolata, ricevesse una quota fino a quattro volte più elevata di un’altra regione. Ad esempio nel caso del fondo per i malati Sla, si verificò che, a parità di stadio della malattia, un malato ricevesse 500 euro in assegno di cura e un altro, solo perché residente in una diversa regione, un assegno mensile di 2000 euro.
Ma, aldilà di questi dettagli non secondari, è un principio che viene ad affermarsi: il diritto di essere assistiti al proprio domicilio, tra i propri cari e tra le cose che, spesso, rappresentano il valore affettivo di una intera vita.
Non più familiari che accudiscono il disabile senza riconoscimento sociale ed economico, non più disabile e familiari costretti agli «arresti domiciliari», senza potersi permettere nemmeno un’assistente familiare che li sostenga.
S’è dovuti arrivare allo sciopero della fame ed altre azioni estreme. Vigileremo perché a questi impegni si dia seguito.
Nessuno di noi vuol fare l’eroe, e un paese che può fare a meno di eroi può forse definirsi, davvero, un Paese civile.

(pubblicato su lastampa.it) .

Dal nostro corpo al cuore della politica


(21 nov. 2012)

Oggi è il gran giorno. Mentre noi digiuniamo, Salvatore Usala e un drappello di altri malati si presenteranno in mattinata di fronte al ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo faranno senza portare con sé il ventilatore di riserva. Le batterie hanno 4-5 ore di autonomia: se non verranno ricevuti, moriranno.
Molti criticano questa ulteriore estremizzazione delle forme di lotta, ma è responsabilità del governo promettere da sei mesi e poi, con puntualità degna di miglior causa, non mantenere. Salvatore può anche apparire come un estremista, ma è nel solco tracciato da Piergiorgio Welby e Luca Coscioni che del loro «dal mio corpo al cuore della politica» fecero non uno slogan, ma uno stile di vita.
Salvatore ci ha sempre «messo la faccia» e molto altro ancora, come quando nel 2009, nel corso del primo sciopero della fame, lo acciuffarono per i pochi capelli che ha. Venne ricoverato in rianimazione con prognosi riservata.
Eppure, grazie alle battaglie non violente sua e dei malati sardi, oggi non gli manca niente: ha tre assistenti pagati dalla Regione Sardegna: potrebbe starsene tranquillo nella sua casetta di Monserrato, a giocare a sudoku. Invece si sottopone a un lungo e faticosissimo viaggio in traghetto per andare a rischiare la vita davanti al ministero.
Il suo sogno, e quello di noi tutti, è che il modello sardo venga esportato nel resto d’Italia.
Si badi bene, è un modello di risparmio perché favorisce il ritorno a casa, diminuendo i ricoveri in strutture assistite, costose e poco attrezzate alla gestione di pazienti complessi. Dietro le Rsa si muovono interessi enormi, una delle tante facce dell’Italia speculativa e corrotta che non vorremmo più vedere. Una battaglia per i diritti, che significa anche una picconata all’Italia peggiore.

(pubblicato su lastampa.it)
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E' scoppiata la guerra (e non me ne sono accorto)


(17 nov. 2012)

E' impressionante l’impoverimento dei ceti popolari che emerge da un’inchiesta giornalistica onesta, come quella di Corrado Formigli venerdì sera in tv. Nei mercati rionali di Torino 8 banchi su 10 sono scomparsi per mancanza di clientela; la piccola drogheria che vende dalla ricotta alla carta igienica, è costretta a far credito a pensionati e licenziati col borsellino vuoto. I gestori della drogheria, padre, madre e figlio, sono l’uno esodato, l’altra titolare del negozio, ormai prossimo alla chiusura, e il giovane, disoccupato da sempre.
I pronto soccorso delle Molinette e del Giovanni Bosco esplodono di persone, per lo più anziane, parcheggiate per giorni in assenza di posti letto e in compagnia di tre infermieri che devono badare a 40 pazienti. La regione Piemonte è ormai fallita e il comune di Alessandria da 3 mesi non paga lo stipendio ai dipendenti.
Quando ancora lavoravo a Settimo, i nostri clienti eran tutti appartenenti alle «fasce deboli» (i ricchi si possono permettere la sanità privata) e avevo sempre il polso della situazione.
È scoppiata la guerra e non me ne sono accorto.
Penso al tecnocrate Monti e allo stuolo di professori bocconiani, anche loro, come me, paralizzati non nel corpo, ma forse nel pensiero, chiusi nei corridoi paludati del potere. Chissà cosa deve esser passato per la testa ai ministri Barca e Passera, costretti a fuggire dal Sulcis in elicottero, come i generali americani dal Vietnam, mentre sotto infuriavano gli scontri.
Ma non sono gli unici a non capire: la grande borghesia stracciona abbandona il paese per lidi più esotici, fuggendo dalla rabbia popolare che sta rendendo invivibile il paese. Salvo commuoversi di fronte alla figlia di un malato Sla che, disperata, non sa più come campare. Briatore, in trasmissione, le ha offerto 500 € per un anno.
Lui e i suoi amici che esportano il nero e lo investono a Malindi, se pagassero le tasse, si potrebbero anche risparmiare l’elemosina. Ci penserebbe lo Stato.

(pubblicato su lastampa.it)
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Ci vogliono comprare


(15 nov. 2012)

Abbiamo ripreso lo sciopero della fame nella giornata di mercoledì.
La domanda che più mi sento ripetere è la seguente: «Ma come, han trovato i soldi e voi tornate a digiunare?». Già, bella domanda. Tutta l’intervista che mi ha fatto ieri un cronista dell’Avvenire era impostata così, tra l’incredulo e il sorpreso.
Il fatto è che ora mi spiego tutto quell’insistere, da parte degli ambienti governativi, su un presunto «fondo per i malati di Sla», rilanciato spesso anche dagli organi di informazione. Mai che abbiano citato, neanche per sbaglio, il soppresso Fondo nazionale Non-Autosufficienze.
Vogliono comprarci, questa è la verità; han tirato fuori dal cilindro 200 milioni di euro per i soli malati di Sla. Dai nostri calcoli serve almeno il doppio per garantire adeguate cure domiciliari ai non autosufficienti totali bisognosi di assistenza 24 ore su 24, fissate attraverso piani personalizzati.
Questa tattica è inqualificabile, sono esattamente sei mesi che facciamo le stesse richieste, per esser dei professori mi rifiuto di pensare che siano così tonti. Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma di solito ci si azzecca.
Così Francesca ha ripreso il digiuno totale e io ho ricominciato a scalare la solita ignobile pappa color cammello al gusto vaniglia (!?) che passa nel sottile tubicino che arriva nello stomaco. Non capirò mai il perché abbiano scelto, nel posizionarmi la peg, un diametro così piccolo. Si intasa facilmente e al posto dell’idraulico liquido si usa la coca cola. A vedere come scrosta i tubi io proporrei di vietarne l’uso ai minori.
Non mi aspetto che duri poco, il digiuno. Sarà dura, han dimostrato di esser di grano duro e di pianto facile, questi professori.
Quasi quasi, rimpiango i democristiani.

(pubblicato su lastampa.it)
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Raccontare l'indicibile


(14 nov. 2012)

Come si può raccontare la sofferenza, la solitudine, l’angoscia? Siamo in fascia protetta, allontanate i bambini, please. Devo spiegare quel che non si può spiegare. Raccontare come si può arrivare a rischiare la vita con uno sciopero della fame.
Come raccontare l’indicibile? Come raccontare la prima crisi respiratoria, quel senso di morte che provi quando hai i polmoni pieni di schiuma e l’aria non passa più? Come spiegare quando ti svegli dopo la tracheostomia e ogni giorno che passa è un gioco a scacchi con la morte, in compagnia del tuo ventilatore che soffia come un mantice notte e giorno? Come spiegare l’angoscia di stare immobile in un letto alle tre del mattino, respirare a fatica, aver bisogno di essere aspirato e non poter chiamare nessuno perché il tuo puntatore oculare è andato in tilt ? Succede.
E com’è convivere col terrore che i tuoi occhi si fermino per sempre? Perché accade, di rado ma accade, e non puoi prevederlo.
Se ci arrivi, a provare tutto ciò e molto altro ancora, vuol dire che in te alberga un’insopprimibile pulsione di vita. Significa che hai accettato la tua condizione senza riserve, che sai guardare avanti senza mai voltarti indietro. La nostalgia uccide.
Io non so quali siano le motivazioni degli altri per digiunare, credo ognuno abbia le sue. Non c’è azione collettiva come uno sciopero della fame che rechi con sé il massimo possibile di scelta individuale. Io ho chiare le mie. Vivere dignitosamente e adeguatamente assistiti quandosi è vecchi o ammalati è un diritto. Se protestare non serve, allora non resta che gridare la propria lotta con forme estreme. Quando si è varcata la soglia della vita oltre quella che sarebbe il termine naturale della vita stessa, la morte non fa più paura.
C’è chi ci accusa di vile ricatto. L’autore di un ricatto agisce da una posizione dominante, vessa la sua vittima, io mi prendo tutta intera la responsabilità di quel che faccio, sono inerme e uso violenza solo contro me stesso.
Agisco anche per suscitare compassione, non mi illudo in chi ci governa, ma verso la gente comune, in modo che cresca la pressione popolare sul governo. Questa, che noi si usi un’arma compassionevole è un’altra accusa che ci viene rivolta. Una volta affermato che quel che viene sottratto è un diritto, non può essere una colpa mostrare la sofferenza a chi non ne è consapevole.
Si tende a confondere compassione con pietismo, emblematica è la tv del dolore, dove ci si commuove per procura della sofferenza che si fa spettacolo. Compassione significa cum patire, entrare in risonanza emotiva con la sofferenza dell’altro.
Detto che non è possibile dire l’indicibile, mi sembra che ce ne sia bisogno, di compassione, in questa società sempre più anestetizzata.

(pubblicato su lastampa.it)
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Riprendiamo lo sciopero della fame


(11 nov. 2012)

A malincuore riprendiamo a digiunare. Sì, lo so, avevamo accettato i venti giorni di tempo richiesti dai ministri Fornero e Balduzzi, ma nel frattempo son successe cose spiacevoli.
Il ministro Grilli, economia, non a caso assente all’incontro con la rappresentanza dei malati, si è affrettato a dichiarare, addirittura dal Messico, che "i soldi per i malati di SLA ci sono". Ora, ho già avuto modo di dire che, quanto a comunicazione, siamo al politichese, anzi, al paleo-democristiano. Perciò, tradotta in italiano, la frase suona più o meno così: "Giornalisti, la volete piantare di occuparvi di quei rompiscatole, che è tutto sotto controllo?". Infatti i giornalisti son tornati a cuccia (con l’unica eccezione di questo giornale) e il silenzio dei media è di nuovo calato sull’argomento.
Tesi avvalorata da altri due elementi: da informazioni di prima mano, al ministero nessuno si sta occupando della questione e la Fornero, dopo il gran gesto, ora si nega.
C’è un aspetto curioso, a proposito dei media. Le grandi associazioni nazionali, quelle che dovrebbero rappresentare malati e disabili, da sempre con le mani in pasta, accusano noi di essere dei ricattatori, e i giornalisti di essere dei caproni, complici dei nostri misfatti. C’è poco da sperare in un paese dove si criminalizza il dovere dei giornalisti di informare.
E altrettanto interessante è il gioco delle gerarchie in seno al governo. Semplificato al massimo: il ministero chiave è quello del lavoro, Fornero, sopra di lei sta il ministro dell’economia Grilli e sopra tutti sta Monti. Tutti gli altri, non avendo accesso ai cordoni della borsa, non contano niente.
Così siamo costretti a fare di nuovo pressione sui professori, dotti ma un tantino sordi. E costretti anche, ad alzare il tiro. Da mercoledì 14 riprenderemo lo sciopero della fame e dal 21 faremo un presidio permanente davanti al ministero dell’economia. Come tetraplegici, non basterà un semplice ordine di scioglimento. Ci dovranno spostare con la forza".

(pubblicato su lastampa.it)
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Luci e ombre nell'incontro con i ministri


(1 nov. 2012)

L’incontro c’è stato, e questa è già una notizia. Puntuali alle 16 di mercoledì i ministri Fornero e Balduzzi hanno raggiunto la sede del Comitato 16 novembre nei pressi di Cagliari, dopo essere sbarcati all’aeroporto con un aereo di Stato. Li attendevano Salvatore Usala e Mariangela Lamanna, dirigenti del comitato stesso. L’incontro è stato come ha dichiarato Salvatore successivamente.
In Tore si vede la stoffa dell’ex sindacalista che ha avuto modo, in questi anni con la SLA, di approfondire temi sanitari e di politiche sociali. Ha aperto la riunione illustrando le richieste che han motivato lo sciopero della fame e dimostrando la sostenibilità del modello assistenziale indiretto che prevede finanziamento direttamente alle famiglie con disabilità grave.
Che è poi il modello applicato da 6 anni con successo in regione Sardegna. Il governatore Cappellacci, presente alla riunione, si è detto disponibile a portare in Conferenza delle regioni le specifiche del piano non-autosufficienze sardo.
In soldoni, quindi, è stato proposto ai ministri di quantificare la quota “prevalente” già prevista nel decreto Spending review in 350 milioni di € e di raggiungere la quota di 600 milioni di € con i risparmi previsti in sede regionale, tutto documentato e argomentato. Infine è stato chiesto di porre le basi normative per rendere strutturale quello che si configurerebbe come un organico Piano per le Non Autosufficienze. 

Dove stanno le ombre? Nelle risposte dei ministri. Han chiesto 20 giorni di tempo per approfondire e stilare i primi provvedimenti. Concessi.
Il guaio è che, tanto per dargli “profondità di campo”, questa vertenza è iniziata in aprile e, a forza di temporeggiare, la fine della legislatura si avvicina pericolosamente. Gli interlocutori, gioco forza, cambieranno.
Se l’accordo di ieri non venisse rispettato, trascorreremo il natale digiunando.

(pubblicato su lastampa.it)
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 8

 
(domenica 28 ottobre 2012)

Gli amici hanno tessuto una tela che regge, precaria, provvisoria, ma forte abbastanza da farci attraversare il primo guado. Abbiamo temporaneamente sospeso lo sciopero della fame.
E’ successo che, come in una catena di S. Antonio, il ministro della sanità Balduzzi s’è svegliato male e ha (almeno a me piace pensarla così) fatto la voce grossa con la Fornero la quale, a sua volta, ha chiamato il ministro delle finanze Grilli. Fatto sta che a metà pomeriggio di sabato mi viene chiesto di parlare con la Fornero, e io passo la palla alla portavoce e dirigente del Comitato (l’unica dotata fisicamente di voce) la quale, dopo un’ora di discussione, passa il testimone a Salvatore Usala.
Insomma, l’illustre interlocutrice chiede che si ponga fine al digiuno in cambio della disponibilità a recarsi a casa sua (!!!) nei prossimi giorni, con Balduzzi ed un sottosegretario del ministero dell’economia, per illustrare le proposte governative per il Piano non-autosufficienze e l’entità della relativa copertura finanziaria.
Ieri sera dunque ho reintegrato quella sacca e più di ignobile al gusto vaniglia che avevo sottratto e Francesca s’è fatta un panino con la toma che Marco, l’infermiere, le ha sadicamente portato dalla Puglia qualche giorno fa. Stamane mia moglie ed io ci siamo reciprocamente detti che sì, avevamo decisamente un’altra cera.
Sembrerebbe dunque che chi ci prendeva per folli sia stato smentito, staremo a vedere nei prossimi giorni. La rete di solidarietà “dal basso” e di nuove amicizie che s’è venuta a creare nel corso della settimana è qualcosa di straordinario e prezioso. La collaborazione con la Stampa lo è altrettanto e continuerà.
Mi prendo una pausa, ma è solo un arrivederci.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 7


Per una volta non vi annoierò con le mie condizioni di salute. Gli eventi incalzano. Nella palude stagnante del governo c’è da segnalare la presa di posizione del ministro della sanità Balduzzi, che in conferenza a Mondovì (ma corre anche lui alle primarie?) ha dichiarato che non ha senso un sistema sanitario avanzato senza un organico Piano per le non autosufficienze. Alla buon’ora! Il fatto che dichiari questo, significa due cose: la prima che ha capito il nocciolo della questione. La mancanza di copertura assistenziale, soprattutto domiciliari, per i non autosufficienti ha ripercussioni gravi, anche economici, sul sistema sanitario, già soggetto a tagli, venendo meno la continuità di cure ospedale-domicilio del malato. La seconda che, implicitamente, scarica sugli altri due ministri, Fornero e Grilli, tutte le resistenze. E’ come se allargasse le braccia dicendo “che ci posso fare?” D’altra parte, gli va riconosciuto, Balduzzi è stato l’unico a rendersi disponibile ad un incontro ancor prima che lo sciopero della fame avesse inizio.
Ma è sul nostro versante che la situazione subisce un’improvvisa accelerazione. Dopo una settimana di silenzio e indifferenza Salvatore Usala, il vero leader di questa azione, ha deciso che, in assenza di risposte, da lunedì attuerà il digiuno totale. La notizia l’ha spedita via e-mail alle 2 di notte, come suo solito. Tore è un lavoratore infaticabile, credo dorma quattro ore per notte. Immediatamente dopo anche Laura Flamini ha annunciato di aver preso la stessa decisione. Ex insegnante, Laura è persona dolcissima. Entrambi sono nelle mie stesse condizioni e da più tempo di me. E’ una scelta gravissima, senza precedenti, in questo stato equivale a lasciarsi morire.
Per il momento non riesco a pensare a questa terribile evenienza e voglio misurar le parole. Ci sono amici carissimi che in queste ore stanno freneticamente lavorando per tessere una tela con i vari ministeri che sia in grado di reggere.
Auguro a loro, e a noi, buona fortuna.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 6


"Oggi assumo 540 delle 1200 calorie prescritte. Continuo a sottrarre un po’ di pappa ogni giorno. Non sto bene, l’affaticamento è ormai una costante e, per la prima volta, è comparsa sonnolenza diurna.
Mi arrivano appelli a desistere, così come agli altri. Mi commuove la solidarietà che s’è venuta a creare intorno al nostro digiuno in questi pochi giorni. Ma non posso, in coscienza, interrompere. Ho messo in conto il rischio per la mia salute, sapevo che sarebbe stata lunga e dura. Ho fatto, prima di iniziare, una valutazione realistica delle prospettive, non certo rosee. So che gli uomini al governo non nutrono alcuna sensibilità sociale, sono ragionieri, i migliori in circolazione probabilmente, ma intrisi di quel «pensiero calcolante», come lo chiama Galimberti, che esclude valutazioni di natura politica, nel senso più alto del termine, polis come interesse della collettività, di tutti i cittadini. Tremonti aveva chiamato noi disabili «spesa improduttiva», questi professori son fatti della stessa pasta. Il ministro Fornero non sa nulla del welfare applicato sulla pelle delle persone, probabilmente non ha mai visto in vita sua un malato di SLA all’ultimo stadio, un distrofico, un paziente in sindrome locked in, una persona in stato vegetativo. Le affermazioni che fece in aprile, che il Piano non-autosufficienze era una «priorità» e l’avrebbe presentato entro un mese, eran frasi fatte per togliersi di torno quei rompiscatole di disabili. Sulla politica non c’è da aspettarsi alcunché, sbaglia, a mio parere, chi conta che si muovano per calcolo elettorale. Lo ripeto: non siamo una lobby né un bacino importante di voti.
Possiamo contare solo sulle nostre limitate energie, sul nostro lottare muto e sull’appoggio di chi è disposto a prestarci la voce.
Ci sono passaggi, anche nelle piccole storie individuali, in cui la dignità di persona è un bene assoluto".
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 5


Stamane sono stremato. Il giovedì è tradizionalmente giorno di lavaggio generale (l’ho scritto e immediatamente inorridisco, sembra un secolo che son costretto a letto, eppure è solo un anno). Già normalmente non è una passeggiata, ma così debole è una tortura, soprattutto le manovre acrobatiche per rivestirmi. Ho esattamente dimezzato l’ignobile al gusto vaniglia, ora assumo al giorno 600 calorie invece delle 1200 prescritte. Anche Francesca non è nella forma migliore, è a digiuno da domenica e sta cominciando a risentirne. Così lei si preoccupa per me, io mi preoccupo per lei e Marco, il mio infermiere, si preoccupa per tutti e due.
Sono sinceramente stupito dall’indifferenza dei media. Invece dei tecnici bocconiani che dispensano supposte venefiche e bon ton ho già detto ieri. L’unica che ogni tanto dice quel che pensa è la Fornero, salvo educatamente adombrarsi quando gli altri dicono quel che pensano di lei.
Mi stupisco invece del silenzio dei grandi quotidiani e dei canali Rai e Mediaset. Intervista mia a parte, peraltro sul tg regionale, so che lunedì sia rai 3 che canale 5 hanno registrato analoghi servizi a casa di due altri malati, salvo poi non mandarli in onda. Qualcuno dei miei compagni di lotta pensa che sia un boicottaggio, un caro amico del mestiere mi ha spiegato che l’ambiente è “intorpidito” , fa più notizia la gaffe di un ministro che 62 malati gravi che rischiano la vita (il numero di chi mette in atto lo sciopero cresce di giorno in giorno). Anch’io credo che le cose stiano così. Certo, cinicamente, se “ci scappasse il morto” tutto cambierebbe. Quel che non capiscono è che, poiché facciamo sul serio, “il morto ci scapperà”.
Fortunato il paese che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Aimè, non è il nostro caso.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 4


Sono ormai quasi a metà della dose prescritta di alimentazione, quella solita, ignobile pappa color cammello al gusto di vaniglia (!?). Sono affaticato, i segnali di ieri non erano casuali, e ho trascorso una notte agitata.
Mi viene in mente il titolo “anche le formiche nel loro piccolo… “ Sì, comincio a incazzarmi, lasciate che mi sfoghi un po’, poi magari mi sentirò meglio.
Ieri sera ho avuto la malaugurata idea di sintonizzarmi su Ballarò, giusto in tempo per seguire l’ineffabile Polillo arrampicarsi sui vetri nello sforzo titanico di convincere la platea che la neonata legge di stabilità gioverebbe al 99% degli italiani. Sì, quello stesso sottosegretario fellone che a giugno fissò un incontro tra i disabili e i tre ministeri interessati, per poi rimangiarselo. Disabili stazionanti in strada da ore con lettighe, respiratori e ignobili pappe al seguito.
Il giorno avanti avevo anch’io, come tutti, subito lo stupidario di madama Fornero sui giovani schizzinosi. Sì quella stessa Fornero, ministro del lavoro e delle politiche sociali che ad aprile, ai disabili sempre stazionanti, promise entro un mese la presentazione di un Piano non-autosufficienze che a tutt’oggi nessuno ha ancora visto.
Ecco, se c’è una cosa in cui il governo tecnico assomiglia maledettamente ai precedenti governi politici è nel dire e non dire, nel promettere solennemente e poi disattendere, nella politica degli annunci non seguiti dai fatti. Il ministro Balduzzi, appena insediatosi, quasi un anno fa disse ad un importante convegno: "I cosiddetti nuovi Lea non possono continuare ad essere solo argomento di convegni ma il loro iter dovrà essere rapidamente concluso." I livelli essenziali di assistenza,appunto, attendono di essere rinnovati da tredici anni, e il loro mancato aggiornamento, unitamente al nomenclatore degli ausili, è fonte di disagio per i disabili gravi, che devono sborsare cifre notevoli per ausili che 13 anni fa non erano previsti o nemmeno esistevano. E’ di questi giorni il grido d’allarme di Vivalavita, che denuncia che nel Lazio i disabili non potranno più accedere ai puntatori oculari, per esaurimento dei fondi straordinari.
Quando diciamo che non possiamo aspettare, che non abbiamo tempo, esattamente questo vogliamo dire: i governi passano, i problemi restano.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 3


Ho ridotto ormai di un terzo la dieta prescritta. Avverto segni di stanchezza, ma forse è solo suggestione. La spossatezza cronica è connaturata alla SLA, ti portano a fare un giro in carrozzina e ti senti come dopo aver corso una campestre. E’ difficile, dunque, capire se ti senti stanco perché mangi meno o no.
Mio nonno diceva che non si butta mai via niente, era un avanguardista del riciclo e non lo sapeva. Così, memore dei suoi consigli, la pappa color cammello che avanzo va ai cani, che apprezzano il gusto alla vaniglia e ringraziano.
Ho la sensazione che la notizia del nostro digiuno si stia diffondendo, ma con lentezza e a macchia di leopardo, localmente. Noi non abbiamo tempo, per far pressione sul governo bisogna conquistare la prima pagina, bucare lo schermo. Avremmo bisogno di andare in prima serata in un programma con alto indice di ascolto. Mi rendo conto che il mezzo è il messaggio, è il mezzo che fabbrica la notizia. Una notizia che non va in tv è una non-notizia, non esiste.
Ma, come dicevo, non abbiamo tempo: la natura delle nostre infermità è spietata, fra pochi giorni, se non tra poche ore, qualcuno comincerà a star male. Ho riflettuto molto sul mettere al centro i nostri corpi martoriati, rischiare non l’integrità (che è irrimediabilmente vanificata dalla malattia) , ma la vita stessa. E mi son dato una risposta: così come ho scelto a suo tempo di esporre il mio corpo, vincendo la vergogna, per assestare un diretto allo stomaco di chi parla senza sapere, così rischio per affermare che non siamo invisibili, siamo parte della società.
Che finchè uno di noi si lascerà morire per non pesare sui suoi cari, non vi sarà dignità. Pochi sanno che noi che siamo qui siamo i pochi superstiti di un naufragio: otto su dieci malati di SLA quando si tratta di passare attraverso la cruna dell’ago della tracheostomia, rinunciano.
Senza dignità l’uomo si riduce ad oggetto, cosa.
Non abbiamo altri mezzi, non siamo una lobby né un bacino di voti, non ci resta che usare lo strumento più violento per noi stessi e più pacifico per gli altri. Prestateci la vostra voce, aiutateci a non andare oltre.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 2


Ho ridotto di un altro 10% la pappa. A metà mattinata ho avuto un lieve calo della pressione arteriosa, un lieve mancamento risoltosi alzando di più le gambe. Per il resto mi sento bene e la mia casa non è mai stata affollata come in queste ore.
Devo rispondere ai tanti messaggi di solidarietà, ma me ne manca il tempo. Noto un aspetto curioso in tutte queste mail. Qualcuna proviene da religiosi e si sente la formazione spirituale, il sostegno espresso tradisce la cultura dell’autore ed il fatto che, nell’intimo, traspare una qualche sorta di dialogo con il grande architetto. Per me, agnostico, è un’esperienza nuova.
La maggioranza, invece, esprime una vicinanza colma di rabbia, rancorosa verso il potere, c’è qualcosa che trascende la generica solidarietà per rivolgersi a maledire i potenti che vivono nelle loro torri d’avorio, irrimediabilmente lontani anni-luce dai problemi reali della gente. E’, a suo modo, una sorta di piccolo saggio sociologico e politico: la luna di miele col governo dei tecnici è finita, anche loro son lì per difendere interessi forti, incuranti di far macelleria sociale e sordi alle richieste provenienti dal basso, come le nostre. Interessante.
Mentre scrivo mia moglie si lamenta che nessuno se la fila, eppure è in sciopero della fame totale da ieri. Ha ragione. Squilla il telefono, è Nino, il medico di famiglia, che s’informa. Ho intavolato una virtuale trattativa con lui, prima di cominciare. Chiedeva che scalassi del 5% a giorni alterni, una cosa poco seria; io ho azzardato cifre da urlo, così alla fine s’è fatto come volevo io.
Grande amico, Nino, è il primo lettore dei libri che scrivo.
Ma, mi raccomando, non ditegli che ho barato.
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Diario dallo sciopero della fame - giorno 1



(Tutte le puntate del diario sono state pubblicate su lastampa.it)

(domenica 21 ottobre 2012)

Il risveglio non è stato dei migliori: gli occhi afflitti dalla congiuntivite, dovuta all’eccessivo lavoro al puntatore oculare del giorno prima, e muco bronchiale abbondante e vischioso che mi costringe a ripetute aspirazioni particolarmente dolorose. Oggi si comincia, il mio piano è di sottrarre il 10% dell’alimentazione ogni giorno in modo da arrivare, nell’arco di dieci giorni, all’astensione assoluta dal cibo. Che poi è una pappa liquida color cammello che passa, goccia a goccia, attraverso il sottile tubicino che arriva direttamente nello stomaco. E’ al sapore di vaniglia, chissà perché. Ho sempre immaginato che i produttori siano convinti che, con la malattia, le papille gustative crescano anche nello stomaco.
Penso ai miei compagni di lotta con grande tenerezza, molti li conosco di persona e so quante battaglie quotidiane già affrontano per tirare avanti. Non penso a me stesso, credo di poter resistere, e poi questa scelta che ognuno ha affrontato e risolto nel chiuso della sua coscienza, agita insieme mi dà forza e coraggio. Insieme ai tanti messaggi di solidarietà, dei quali scriverò domani.
L’antivigilia dello sciopero il governo ha interrotto il silenzio, proponendoci un incontro con il ministro della salute Balduzzi. Ma è poco più di un balbettio, da 4 mesi attendiamo un incontro congiunto con i tre ministeri competenti: economia, politiche sociali e salute, già fissato e poi disatteso. La Fornero promise ad aprile, entro 30 giorni, la presentazione del nuovo Piano per le non autosufficienze, da allora son passati sei mesi. Vuol dire che aspetteremo con pazienza che smetta di balbettare e dica finalmente qualcosa di comprensibile.
Noi, io, siamo determinati, non smobiliteremo per un piatto di lenticchie. Il tempo delle promesse è finito.
(pubblicato su lastampa.it)

Le ragioni del nostro sciopero della fame



Mia moglie ed io, malato di sclerosi laterale amiotrofica all'ultimo stadio, allettato e tracheostomizzato, aderiamo all'appello del Comitato 16 novembre onlus e dal 21 ottobre inizieremo lo sciopero della fame. E' una decisione grave, ma non possiamo, in coscienza, stare a guardare mentre il governo continua a negare cure domiciliari adeguate a tutti i malati gravissimi e a tutti i non autosufficienti. Le cure domiciliari sono essenziali come gli alimenti che ci nutrono attraverso i sondini che arrivano nel nostro stomaco.
Il nostro obiettivo è il riconoscimento del lavoro di cura del familiare-care giver: mariti, mogli, figli che son costretti ad abbandonare il lavoro e non sanno come far fronte alle ingenti spese che la malattia comporta, e l'assunzione regolare di almeno 1 assistente familiare. Perchè un malato gravissimo o un disabile non autosufficiente necessita di assistenza 24 ore su 24 e risulta del tutto sprovvisto di cure domiciliari da quando il governo Berlusconi azzerò il fondo nazionale non-autosufficienze.
Tre sit-in davanti ai ministeri, quest'anno, non sono valsi a ottenerne il ripristino. Promesse, incontri mancati, rinvii, il governo dice di avere allo studio da un anno un Piano per le non autosufficienze, ma sono parole al vento, come quelle sugli esodati.

Per fare un esempio citerò la mia regione, il Piemonte. Fino a 2 anni fa erano stati impegnati, grazie al fondo nazionale non autosufficienze oltre 30 milioni di €, per un anno, erogati prevalentemente sotto forma di assegni di cura. La misura innovativa era stata che, per la prima volta in Piemonte, vennero compresi non solo gli anziani sopra i 65 anni, ma anche i non autosufficienti 0-65. Furono 12.000 le domande in questa fascia d'età, di cui la metà non-autosufficienti totali. Basti pensare che ci sono 3000 nuovi stati vegetativi in Italia ogni anno, massimamente in giovane età. Ebbene, da 2 anni più nulla. Alcuni comuni integravano, ma, anche in questo caso, il taglio è stato draconiano.
Oltre a garantire qualità della vita, le cure domiciliari costano meno: un malato che abbia necessità di assistenza H24 arriva a costare, in assistente familiare, 4500 € al mese; possibilità del tutto teorica , visto che la maggior parte delle cure è svolta comunque da un familiare. I ricoveri in RSA costano allo stato da 4500 € a 10.000 € al mese. Per non parlare dei ricoveri ospedalieri impropri.

Mentre scrivo, oggi martedì 16 ottobre la lista completa dei malati e disabili gravi viene consegnata al governo. Se non riceveremo alcuna risposta, da domenica 21 ottobre saremo in 42 in tutta Italia, di cui 19 tracheostomizzati, ad interrompere gradualmente l’alimentazione.
Facevo il medico, da tre anni mi sono ammalato di SLA, da un anno sono inchiodato al letto, comunico e scrivo mediante un puntatore oculare, respiro attraverso una macchina e mi nutro con un sondino. Per lottare non mi è rimasto altro che lo sciopero della fame.
Non so cosa succederà, non so dire se resisteremo, ma di una cosa son certo: che ci sono passaggi, anche nelle piccole storie individuali, in cui la dignità di persona è un bene assoluto.

Alberto Damilano

Sabina e la fine della politica


Vorrei riprendere il commento di Sabina al precedente post perché è un piccolo ma completo Bignami di come sia possibile uccidere un’intera vita di passione politica vissuta in prima persona. E non mi riferisco alla corruzione dilagante (mi chiedo dove saremmo oggi senza una magistratura indipendente dal potere politico), parlo più semplicemente di quelli che dovrebbero essere gli elementi connaturati alla politica: la coerenza delle scelte e l’umiltà di sapere che si è al servizio dei cittadini, e non viceversa.
Sabina ha 60 anni, è vedova e si occupa della figlia di 24 anni disabile gravissima. A dicembre, tra due mesi, avrebbe dovuto andare in pensione. 
< La pensione doveva essere per me l'inizio di una nuova vita, mi doveva consentire di stare più tempo con la mia Sashah, e riuscire a fare con lei tutte quelle cose che nel passato, per via del lavoro, non ho potuto fare. >
< La riforma pensionistica ha spazzato via tutti quei progetti che mi davano la forza di finire il tempo che mi rimaneva da lavorare. Mi ha tolto l'entusiasmo e mi ha messo una rabbia dentro che non riesco più a controllare. La cosa che più mi ha delusa è che questa riforma è stata votata senza se e senza ma da quello stesso partito in cui ho sempre creduto e su cui riponevo tanta fiducia. Lo stesso partito di cui l'On. Argentin, si vanta di far parte. >
Ora, io sono fra quelli che pensano che, senza Monti, oggi staremmo peggio. Monti parla di rigore, Berlinguer parlava di austerità, ma aveva dell’equità un concetto diametralmente opposto: avrebbe in primo luogo attaccato le rendite, i privilegi. In caso contrario la base del Pci non gliel’avrebbe perdonato.
< Mi sono convinta nel tempo che le poltrone in Parlamento , una volta occupate, nella testa di chi ci si accomoda, abbiano un effetto deleterio. E' triste dover ammettere che neanche una persona affetta da disabilità, mandata in parlamento con la convinzione che potesse in qualche modo portare avanti i problemi che la stessa disabilità comporta, non sia riuscita a dar voce a chi voce non ha. Ho scritto mille volte all'Onorevole Argentin, mai che una volta si sia degnata di rispondere. >
Delle due l’una: se un disabile va in parlamento o è animato da una grande passione civile o cerca una poltrona più comoda della sua carrozzina. Di solito è la seconda. E voilà, il gioco è fatto: il delitto perfetto si è consumato. 
Conclude Sabina: < Ho sempre amato la politica, l'ho sempre seguita, e nel mio piccolo ho cercato sempre di trovare del buono in chi la praticava per professione. Oggi mi ritrovo a non avere più punti di riferimento, sono arrivata alla conclusione che i partiti, ma ancor più i politici, sono tutti uguali e che l'unico interesse che hanno, una volta eletti, è quello di tutelare i propri interessi e i privilegi che sono una vergogna nazionale. >
Semplice e lineare, avrebbe detto il mio prof. di statistica.
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Lettera aperta all'on. Ileana Argentin, da disabile a disabile


Cara Ileana,
porto alla tua conoscenza che, a partire dal 21 ottobre, decine di disabili gravi, malati di SLA e non autosufficienti entreranno in sciopero della fame perché questo governo nega, come peraltro il precedente che lo soppresse, il ripristino del fondo nazionale non autosufficienze, che permetteva, con  incrementi annuali, standard minimi  ma non sufficienti di cure domiciliari.
Ti farò un breve esempio: la mia regione, il Piemonte. Fino a 2 anni fa erano stati impegnati, grazie al fondo  non autosufficienze, oltre 30 milioni di €, per un anno, prevalentemente erogati sotto forma di assegni di cura. La misura innovativa era stata che, per la prima volta in Piemonte, vennero compresi non solo gli anziani sopra i 65 anni, ma anche i non autosufficienti di età 0-65. Furono 12.000 le domande in questa fascia d'età, di cui la metà non-autosufficienti totali. Basti pensare che ci sono 3000 nuovi stati vegetativi in italia ogni anno, massimamente in giovane età. Ebbene, da 2 anni più nulla.
Oltre a garantire qualità della vita, le cure domiciliari costano meno: un malato che abbia necessità di assistenza H24 arriva a costare, in assistente familiare, 4500 € al mese; possibilità del tutto teorica , visto che la maggior parte delle cure è svolta comunque da un familiare. I ricoveri in RSA costano allo stato da 4500 € a 10.000 € al mese. Per non parlare dei ricoveri ospedalieri impropri.
Tu questi dati li conosci, non dubito. E sei una parlamentare disabile che fa parte dello schieramento progressista. 
Usi postare frequentemente sulle pagine facebook delle tante associazioni di disabili, talvolta anche sul mio profilo, corsivi giustamente indignati verso chi occupa con l’auto i parcheggi riservati ai disabili. Proprio oggi il tuo post se la prendeva con Beppe Grillo, reo di aver parcheggiato il camper nel posto disabili.
Avrei una richiesta da farti. Io facevo il medico, da tre anni mi sono ammalato di SLA, da un anno sono inchiodato al letto, comunico e scrivo mediante un puntatore oculare, respiro attraverso una macchina e mi nutro con un sondino. Per lottare non mi è rimasto altro che lo sciopero della fame.
Ora, lungi da me l'intenzione di offenderti: tu di quanto sopra magari ti occupi, il fatto è che nessuno se ne accorge.
Per Beppe Grillo basta chiamare un vigile. Tu, nella tua posizione, puoi fare tanto. Ti prego, dimostralo.