Mine vaganti...


Non farti mai dire dagli altri chi devi amare, e chi devi odiare.
Sbaglia per conto tuo, sempre.

Non è nè una commedia sulla diversità, nè una passerella per giovani divi rampanti, sostenuti da vecchie colonne del palcoscenico, come invece vorrebbe far credere il pessimo trailer confezionato dalla distribuzione, tutto giocato su scene che, fuori contesto, paiono lo spot del Gay Pride, e che dunque vi risparmierò.
Il regista Ferzan Ozpetek è assai più coerente di chi si occupa di vendere i suoi film, e Mine Vaganti è fondamentalmente un'opera sulla libertà, in un'epoca in cui più la si nomina, meno si sa cosa sia.
Sulla faticosa ricerca della libertà interiore, innanzitutto, che Tommaso (uno Scamarcio finalmente cresciuto professionalmente) compie guidato dalla nonna (Ilaria Occhini), musa ispiratrice, mina vagante per eccellenza, protagonista a sua volta di una storia parallela intrigante, e ben giocata attraverso frequenti flash back.

Accanto ad un Ennio Fantaschini un po' di maniera, svetta una Lunetta Savino stupenda, affiancata da uno stuolo di comprimari di lusso.
Chiude un finale "non chiuso", incompiuto cioè, come è stato da qualcuno definito, ma che è in realtà la cornice poetica, la ciliegina su una prosa tutt'altro che irrisolta.
Il tutto sostenuto da una recitazione mai sopra le righe e da una sceneggiatura da Oscar, scritta a quattro mani con Ivan Cotroneo.

Solo ad Almodovar riescono tali sintesi di spessore e leggerezza. E scusate se è poco.




Gli amori impossibili non finiscono mai.
Sono quelli che durano per sempre.


Di che parla questo libro che non ti vogliono pubblicare?
Parla di due persone che non stanno più insieme. Una soffre, l'altra no. Però forse quello che racconta veramente è che non bisogna aver paura di lasciare.
Perchè tutto quello che conta, non ci lascia mai, anche quando non vogliamo.


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