Umberto Veronesi e il testamento biologico


Il testamento biologico è nato negli Stati Uniti, negli anni Settanta, sulla scia della vicenda Quinlan. Questa ragazza era rimasta in coma irreversibile e il padre aveva insistito perché fosse interrotto ogni sostegno vitale. Dopo molte battaglie giuridiche, nel 1976 la Suprema Corte americana dette ragione al padre e la vita artificiale fu interrotta.
Questa vicenda, che appassionò l'America, rese consapevole il mondo intero che la medicina tecnologica moderna è in grado di spostare il termine della vita al di là della morte naturale, introducendo una vita artificiale che permette agli organi del corpo umano di rimanere vitali, anche senza attività cerebrale, senza coscienza, senza pensiero, senza vista, udito, parola. Questa condizione di vita, o di non vita, fu considerata da molti americani disumana.
Varie associazioni chiesero a gran voce una legge che permettesse di esprimere la volontà di non accettare questa forzatura. Nacque così il living will, che abbiamo tradotto in testamento biologico, prima in California, nel 1976, poi in tutti gli Stati americani.
Il testamento biologico approdò poi in Europa, con apposite leggi, in Gran Bretagna, in Francia, in Danimarca, in Olanda, in Belgio, in Lussemburgo, in Spagna e nei Paesi scandinavi. Il contenuto di queste leggi è sostanzialmente sempre il medesimo, cioè il rispetto e la tutela della volontà di non essere mantenuto in coma vegetativo permanente, io direi incarcerato - locked-in, come dicono gli americani - in un letto per anni, decenni o molti decenni.

Ebbene, il testo al nostro esame non solo non rispetta la volontà espressa dal cittadino, ma va in direzione esattamente opposta, perché obbliga la persona in coma a rimanervi per sempre, anche contro la sua volontà.
Infatti, nel provvedimento si legge che la nutrizione artificiale, che è l'elemento che permette il prolungamento indefinito del coma, non può essere rifiutata perché non è trattamento sanitario. Bene, io vi dico che è più di un trattamento sanitario; è un vero atto medico che richiede un'elevatissima competenza. Posizionare un tubo nutrizionale nello stomaco è un atto difficile che solo chirurghi addestrati o medici rianimatori o anestesisti sono in grado di compiere. Dirigere una sonda attraverso la via nasofaringea e superare correttamente la glottide è difficile e anche pericoloso: la sonda può introdursi in trachea anziché nell'esofago con conseguenze disastrose.
Inoltre, tutti sappiamo che il bilanciamento degli elettroliti e dell'equilibrio proteico-glucidico nel successivo trattamento nutrizionale non può che essere seguito da medici nutrizionisti. Che l'intubazione gastrica e i trattamenti nutrizionali siano atti medici é stato affermato non solo da tutti i trattati di medicina, ma anche dalla Corte suprema degli Stati Uniti, dalla House of Lords della Gran Bretagna, dalla legge Leonetti della Francia, per citare solo i principali Paesi, ma poi in tutte le altre leggi europee, americane e del mondo intero.
A proposito di alimentazione forzata, voglio anche ricordare un'altra cosa: se una persona, in perfetta lucidità di pensiero, non desidera più alimentarsi, questa volontà va rispettata, come sostiene il codice di deontologia medica. Se, quindi, la volontà di rinunciare all'alimentazione è rispettata quando espressa in piena lucidità, deve essere rispettata anche quand'è indicata per iscritto e firmata come volontà anticipata di trattamento. Per questo dico che questa legge è contro il testamento biologico e, quindi, inutile. Nessuno compilerà le direttive anticipate in quanto sa già che non verranno rispettate.

Meglio allora nessuna legge, come è stata finora la condizione italiana e com'è ancora in Germania, ad esempio, dove il medico deve "tener conto" delle volontà espresse in precedenza come indica la Convenzione di Oviedo e come hanno confermato il nostro Comitato nazionale di bioetica e il codice di deontologia medica.
Signor Presidente, ogni legge deve avere uno scopo: o soddisfare le aspettative dei cittadini o tutelare i loro diritti; questa legge non soddisfa nessuna aspettativa, ma soprattutto non tutela il diritto del rifiuto alle cure, una delle più luminose conquiste civili e democratiche - direi anche liberali - degli ultimi decenni. I principi dell'autodeterminazione e del consenso informato dei trattamenti sono i capisaldi di una concezione liberale di uno Stato, ma questi sono di fatto calpestati.

Personalmente, signor Presidente, non vorrei mai finire - parlo per me stesso - in uno stato vegetativo permanente, e sono sicuro che molti di voi non lo vorrebbero. Ho scritto e firmato il mio testamento biologico, l'ho depositato da un notaio, ho indicato come fiduciario mio figlio Paolo, ma ho aggiunto una cosa: che i medici che mi avranno o mi avessero in cura dovranno rispettare in modo assoluto le mie volontà. E sono sicuro che verranno rispettate dai miei colleghi. Perché, anche se questa legge passasse, se il Presidente la firmasse, se l'ipotetico e forse inevitabile referendum fallisse, ebbene, i miei colleghi faranno valere ugualmente il diritto di rispettare le mie volontà, non solo perché dovranno seguire la voce della loro coscienza, che impone - lo ripeto ancora una volta - il rispetto della volontà del proprio paziente (è una legge morale assoluta!), ma anche perché queste volontà sono protette dalla Costituzione di questo Paese.

(dall'intervento al Senato, 23 marzo 2009)



La Convenzione di Oviedo


Dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, si evince come il consenso libero e informato del paziente all’atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma venga considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più generale diritto alla integrità cdella persona (Titolo 1, «Dignità», articolo 3, «Diritto alla integrità personale»).
In modo ancora più concreto questo diritto è stato affermato dal Consiglio d’Europa, con la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997 in seguito ricordata come «Convenzione di Oviedo», sottoscritta da 32 Stati, tra i quali l’Italia. Il Parlamento italiano ha deliberato la ratifica di questa Convenzione con la legge 28 marzo 2001, n. 145.
La Convenzione di Oviedo rappresenta uno dei documenti più coraggiosi e avanzati elaborato collegialmente negli ultimi dieci anni, un modello di contenuto e di metodo nell’ambito della bioetica, anche perché prende in esame i diritti dell’uomo con le nuove prospettive che la ricerca scientifica rivela e i nuovi rischi che possono comprometterli. In concreto, l’articolo 9 della Convenzione precisa che nel caso in cui per qualsiasi motivo il paziente non sia in grado di esprimere la propria volontà, si deve tener conto dei desideri precedentemente espressi.
L’unitarietà del progetto e del modello di vita scelti a livello personale dal paziente fanno da filo conduttore e da criterio orientatore per le scelte che lo riguardano, anche quando egli non è in grado di formularle autonomamente. Interpretare la sua volontà nella prospettiva della sua storia personale e dei desideri formulati in precedenza è un compito a cui medici e familiari non possono sottrarsi.

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