Per chi non lo sla - vivere controcorrente


i miei interventi

Vorrei raccontarvi il significato del titolo della serata.
Perché il gioco di parole Per chi non lo SLA riguarda tutti. Riguarda per primo me stesso. Io mi sono ammalato di SLA un anno e mezzo fa. Sono medico, eppure non avevo idea di cosa fosse la Sla. La Sclerosi laterale amiotrofica era un vago ricordo dei libri di neurologia, al massimo rinfrescata dall’essere diventata, per le tv, la malattia dei calciatori. Ma non era qualcosa di reale. Così, ho dovuto imparare in fretta alcune cose:
La prima, che, detto in parole povere, è una malattia che ti toglie tutto, perché, più o meno rapidamente, tutto il corpo si paralizza, finchè progressivamente si arriva a non poter più parlare, mangiare e, alla fine, anche respirare. E’ possibile sopravvivere solo grazie a un tubicino collegato allo stomaco e a un tubo più grande collegato alla gola. L’unica cosa che ti lascia è la mente lucida.
La seconda cosa di cui ho dovuto rendermi conto rapidamente, conoscendo e avvicinando gli altri malati, sono le condizioni in cui vivono, nella stragrande maggioranza dei casi, le famiglie. Tutto il peso dell’assistenza, giorno e notte, grava interamente sulla famiglia. Si può attendere anche un anno per la visita d'invalidità e l’indennità di accompagnamento, se arriva, arriva con molto ritardo. Gli assegni di cura si danno e non si danno. Appena si arriva alla non autosufficienza, spesso in tempi molto brevi, chi può permetterselo assume una, e anche due badanti, si procura il fisioterapista che venga a casa, la spesa complessiva per le cure arriva, nei casi avanzati, a superare anche i 5.000,00 € al mese. Chi non può permetterselo, lascia il lavoro e diventa prigioniero nella propria casa. Conosco più di un familiare che da anni non esce più da casa, e non si ricorda più quand’è l’ultima volta che ha dormito più di tre ore per notte.
La situazione è molto disequilibrata, le cose non vanno ovunque così male, ma nella grande maggioranza dei casi, le cose stanno esattamente come ho descritto...
E allora ho pensato questo, che scegliere di vivere con la SLA diventa un po’ come avere imparato a nuotare e poi decidere di non volere smettere, anche se, improvvisamente, ci si trova a doverlo fare risalendo la corrente di un torrente. La corrente è la malattia, ma anche la solitudine e l’abbandono in cui ci si può ritrovare. E allora, ci vuole coraggio a nuotare controcorrente.
E poi, la terza cosa che ho imparato: si dice spesso dei malati di SLA, che siano persone particolari, che hanno una grande forza e che, non avendo tempo, non ce l’hanno nemmeno per piangersi addosso, forse è vero. O forse è semplicemente che, con il corpo che diventa una gabbia, tutto: la capacità di emozionarsi, desiderare, sognare, amare, comunicare anche se non si può più parlare, non solo non viene meno, ma diventa ancora più grande. Ecco, il messaggio che vogliamo lanciare questa sera è che se ognuno sa fare la propria parte le cose possono cambiare. Che si può continuare a vivere, controcorrente, e stare in mezzo agli altri, e divertirsi e fare festa.

Il momento è difficile. Siamo nel pieno di una crisi che sta facendo pagare il prezzo più alto ai più deboli. I malati di SLA sono stanchi. Il 21 giugno sono scesi in piazza a Roma perché stanchi di tre anni di promesse e rinvii, per chiedere l’approvazione di provvedimenti fondamentali per l’assistenza socio-sanitaria. A Cagliari, ieri, i malati di SLA, hanno sfidato i 40 gradi all’ombra, perché la delibera sulla continuità assistenziale, pronta da sei mesi, attende ancora di essere firmata. A Torino, il 21 giugno, in contemporanea con la manifestazione di Roma, anche i malati di SLA piemontesi hanno protestato.
La situazione in Regione è molto disomogenea, l’assistenza funziona bene in certi posti, meno bene in altri. Esistono esperienze preziose ed altre dove le cure domiciliari sono gravemente carenti.
La giunta regionale, ancora durante la scorsa legislatura, aveva varato alcuni provvedimenti innovativi. Una delibera sul percorso di continuità assistenziale, che garantirebbe la continuità delle cure dall’Ospedale al domicilio, evitando i ricoveri impropri e contenendo i costi. E poi altri provvedimenti, uno per tutti l’assegno di cura, che a tutt’oggi restano scritti sulla carta. I malati e poi i servizi che dovrebbero erogarli non li conoscono, i fondi non vengono spesi.
Per dovere di cronaca devo purtroppo dire che spiace che l’Assessore alla Salute della Regione non abbia accettato l’invito che le avevamo rivolto per essere qui con noi stasera. Ha detto anche che avrebbe fatto giungere un saluto, lo stiamo ancora aspettando. Diciamo che da settimane, per essere magnanimi, malati senza bandiera, APASLA e AISLA con le sue sedi di Asti, Cuneo e Torino, hanno chiesto e aspettano ancora di essere ricevuti.
Noi malati non scendiamo solo in piazza a protestare, ma abbiamo anche proposte da avanzare, ci sembrano proposte ragionevoli, e avremmo avuto piacere di discuterne questa sera in modo costruttivo. Se il buon giorno si vede dal mattino, devo dire che la giornata si prospetta piuttosto difficile.

...Intanto che Gianluca Fantelli si prepara, vi racconto un po’ di lui. Gianluca, come altri della sua generazione, da ragazzo suonava e aveva tentato di “sfondare”, ma, come spesso accade per le case editrici, che a volte scartano anche ottimi libri, le case discografiche non ne vollero sapere. Così GianLuca, suo malgrado, ha dovuto accantonare il sogno di cantare da professionista, facendo tutt’altro nella vita. Quando, tre anni fa, si è ammalato, ha affrontato, come tutti, un periodo molto difficile. Poi ne è uscito e un giorno, sulla pagina di Facebook che io e altri amici avevamo aperto, è spuntato un suo messaggio che molto semplicemente diceva “Ehi, ci sono anch’io”. L’ho contattato, ci siamo conosciuti, in una fredda mattina di febbraio ci siamo incontrati davanti alle Molinette e lui mi ha detto: “da quando mi sono ammalato, so che non ho troppo tempo ma finchè ho voce voglio cantare”.
Cantautori e musicisti come lui, testimonial della malattia, non ce ne sono. Lui si è messo in testa di diventare ora cantante professionista e la cosa straordinaria è che guardandomi negli occhi mi ha detto: “e io ci riesco”.
Io faccio tutti gli auguri a GianLuca, che pian piano si sta facendo conoscere, che per ancora molto tempo la sua voce, che qualche problemino già ce l’ha, ma che è ancora molto bella e calda, lo possa accompagnare fin dove lui sa che può e sicuramente arriverà.
GianLuca per quest’avventura ha ricontattato il suo amico d’infanzia Luca Bollini detto Rocco, pianista e compositore, e durante un incontro ad un casello autostradale gli ha raccontato, era il primo con cui lo faceva, che lui si era ammalato. Hanno pianto insieme, lui gli ha proposto di ritornare sul palco e Luca ha accettato subito.
Così hanno cominciato nuovamente a scrivere canzoni, hanno contattato alcuni artisti di nome e lentamente, in questi giorni, sta scalando la classifica per suonare sul palco con Ligabue, dunque se lo votate andando su Facebook, gli permetterete di andarci arrivando in cima alla classifica. Bene … ci siamo quasi …. A te Gianluca!

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