Per una solidarietà consapevole


Mi è stata chiesta una testimonianza, e io ho accettato volentieri, anche se per la verità non amo troppo la parola testimonianza. Il fatto è che raccontare cos’è una malattia poco conosciuta, oppure raccontare cosa succede quando ci si passa attraverso, è importante, ma ancor più importante è aiutare a comprendere cosa noi tutti come comunità possiamo fare, per permettere agli ammalati e alle famiglie di vivere in modo dignitoso, convivendo con la malattia e nonostante la malattia . La Sclerosi Laterale Amiotròfica è una malattia che arriva a toglierti quasi tutto: ti paralizza completamente, non puoi più muovere né gambe né braccia, né parlare, né mangiare, e alla fine neanche più respirare. Assisti impotente, giorno dopo giorno e più o meno rapidamente, al tuo corpo che ti abbandona, che non ti risponde più. Le uniche cose che di solito lascia intatti sono i movimenti degli occhi e la mente, che resta completamente lucida.
Quando si riceve una diagnosi come questa ci si trova di fronte, prima o poi, ad un bivio e si deve scegliere: decidere che quella non è più vita, rifiutare l’intervento per passare alla respirazione artificiale e lasciarsi morire, oppure decidere di continuare a vivere. Non c’è alternativa e la differenza, a quel punto, la fanno alcuni aspetti molto intimi, come il proprio attaccamento alla vita, l’amore dei propri cari, l’affetto degli amici, ma anche le condizioni materiali che possono rendere sopportabile l’idea di affrontare un’esperienza come questa: mi riferisco alla possibilità di avere tutti i supporti sociali e sanitari che sono indispensabili e che invece mancano. Infatti oggi, nella quasi totale assenza di servizi domiciliari, tutto il peso dell’assistenza, giorno e notte, grava interamente sulla famiglia. Mogli, mariti, figli, sono costretti a lasciare il lavoro, a non uscire più di casa, a non sapere come affrontare le spese, a doversi accollare anche la responsabilità di manovre infermieristiche che salvano la vita nei momenti di crisi.

Quello che pochi sanno è che oggi, nel nostro paese, 8 malati di Sla su 10 decidono di lasciarsi morire. Proprio così: delle 1500 persone che ogni anno si ammalano, ben 1000-1200 si lasceranno morire senza passare alla ventilazione artificiale. E proprio l’abbandono da parte delle istituzioni è la prima causa di questa eutanasia silenziosa: accanto alla prospettiva di una malattia catastrofica, vedere i propri cari consumarsi accanto a sé, schiacciati da un carico assistenziale 24 ore su 24, spinge molti, già travolti dalla diagnosi, alla rinuncia.
E poi altri ancora, una minoranza, ma non per questo meno degna di attenzione, rinunciano sapendo che, una volta fatta, la scelta non ò più revocabile. Perché infatti prima si ha il diritto di rifiutare il passaggio alla respirazione artificiale, ma poi, una volta avviata, questa, così come l’alimentazione e l’idratazione forzate, non potrà mai più essere sospesa. L’assenza di una legge sul fine vita, che rispetti l’autodeterminazione della persona è l’altro problema terribile che si presenta a chi si ammala di Sla.

Conoscere e comprendere questi aspetti è importante, perché l’indifferenza che la società riserva, attraverso le sue istituzioni, alle difficoltà dei soggetti più deboli, è causa di sofferenze che vanno ben oltre quelle già terribili della malattia. E quindi è importante che la solidarietà dei cittadini si possa esprimere con forme diverse e più consapevoli che vadano oltre la pura beneficenza, che è benemerita se è integrativa, e non sostitutiva. La beneficenza da sola non basta. E alla lunga è anche poco rispettosa della dignità delle persone, perché la pari dignità richiede che venga rispettato un diritto, quello alla salute, e non che si venga trattati come dei bisognosi a cui rivolgere aiuti caritatevoli. Lo stesso va detto, purtroppo, anche per quanto riguarda la ricerca, che va troppo a rilento: quest’anno sono già almeno quattro le sperimentazioni “al letto del malato” che avrebbero dovuto partire, e che sono invece ferme, e ciò non solo per la cronica insufficienza di fondi, ma anche a causa della scarsa trasparenza dei criteri di finanziamento, che non sempre sembrano premiare l’effettiva qualità dei progetti.
Ecco, è per tutti questi motivi che, malati e familiari, siamo scesi a Roma, esattamente un mese fa, per avviare un presidio permanente che mettesse all’ordine del giorno l’approvazione di misure di sostegno concrete, a cominciare dalla possibilità di poter contare sull’apporto di assistenti familiari esperti, addestrati e qualificati con appositi corsi di formazione. E da questa mattina, a Cagliari, i malati sardi, anche con lettighe e respiratori, sono costretti a fare lo stesso, per ottenere quello che la commissione regionale ha discusso e approvato già un anno fa e da un anno è chiuso in un cassetto.
Sappiamo bene che i 5000 malati di Sla sono solo una parte delle persone non-autosufficienti in Italia, l’Associazione Greta e la nuvola si occupa di traumi cranici e sappiamo che ogni anno sono circa 9mila gli italiani colpiti da lesioni cerebrali provocate da trauma cranico. Di queste, più di mille portano allo stato vegetativo. Ed è importante capire che gli esiti finali di condizioni o malattie molto diverse fra loro, presentano poi problemi e bisogni molto simili, a cominciare dalla necessità di essere, il più possibile, seguiti a casa, limitando al minimo indispensabile i ricoveri in ospedale o in istituto. Far crescere la cultura, e di conseguenza anche la realizzazione concreta, di servizi domiciliari adeguati è, ne sono convinto, la più urgente battaglia per la vita per cui oggi valga la pena di impegnarsi. Di questo dovremmo essere, tutti, un po’ più consapevoli.

(16.12.2010 - intervento alla serata sui traumatiismi cranio-encefalici promossa dall'Associazione Greta e la nuvola)


2 commenti:

  1. Giorno dopo giorno, evento dopo evento, il dialogo che si apre con alcune persone interessate a capire, mette in risalto una cruda realtà.
    Poco si sa, sia dei trauma encefalici sia della Sla, mi è capitato in via chiesa della salute per l'evento della Banda della GTT, di sentire persone che associano la Sla ai giocatori di calcio, come per sottolineare che solo loro possono essere colpiti da questa malattia, altri non sanno che i trauma cranio encefalici non è dovuto a una malattia genetica ma spesso e troppo spesso da traumi da incidente stradale o incidenti sul lavoro, cadute, insomma fatti casuali che ti creano un danno spesso irreversibile. Manca informazione, mancano i fondi per l'assistenza domiciliare, mancano i sostegni alle famiglie, e molto altro.
    C'è molto da fare.
    Grazie Alberto

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