Il Paese-dove-la-ricerca-non-c’è


C’era una volta una scienziata mite e riservata, ma tenace, molto tenace. Credeva nella libera ricerca, nel lavoro febbrile svolto tra alambicchi e provette e aveva un sogno: sconfiggere le malattie più terribili, che affliggono da millenni l’umanità, in modo che i vecchi, gli uomini, le donne e soprattutto i bambini, vivessero un po’ più a lungo e soffrissero un po’ meno per malattie a volte davvero tremende.

Ma nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è, il Ministero della Salute spendeva pochi soldi per questo sogno e tanti come lei, appena venivano investiti del diploma per mettersi a fare ricerca, dovevano presto rinunciare e partire per l’America. Perché nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è bisognava per forza arrendersi al fatto che, mentre gli studi televisivi e gli stadi di calcio erano posti sfavillanti e pieni di bella gente, i laboratori erano quasi deserti ed erano piazzati in scantinati umidi, dove spesso non c’erano solo cavie, ma anche tanti altri sorci che scorrazzavano liberi e allegri facendo marameo ai loro simili in gabbia. Nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è i concorsi per fare lo scienziato senza morire di fame li vincevano quasi sempre i raccomandati, che di solito avevano stranamente lo stesso cognome del Direttore Tal dei Tali o dell’Assessore Tal Altro.

La scienziata tenace decise comunque di lavorare con le cellule staminali, e sapendo che le migliori erano le embrionali, decise di darci dentro con quelle. Ora, dovete sapere che di queste cellule si discuteva molto, perché c’era chi diceva che già dopo pochi giorni dal concepimento in una provetta, lì c’era già una persona tutta intera. La scienziata tenace, però, era tranquilla, perché sapeva che, quando due persone che si vogliono bene non possono avere figli, allora si fanno aiutare da altri scienziati come lei, e succede sempre che quegli ovetti fecondati non vengono messi tutti nella pancia della mamma, ma in parte vengono scartati e congelati per sempre. Lei sapeva che quelli e solo quelli potevano essere usati per cercare di guarire le malattie più brutte, e che nemmeno nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è questo era proibito.

Allora si mise al lavoro e scrisse un bel progetto di ricerca, e tutta speranzosa attese il primo Bando utile perché le venisse finanziato. Ma -sorpresa!- il Bando non solo, come al solito, di soldi ne dava pochi pochi, ma diceva anche, chiaro e tondo, che potevano essere ammesse tutte le ricerche, ma proprio tutte, meno che quelle come la sua.
Tutto subito la scienziata non poteva crederci, doveva esserci uno sbaglio, ma verificato che davvero le cose stavano così, e poiché era mite ma tenace, decise che ai politici ottusi non poteva darla vinta e allora fece ricorso. Perfino nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è c’era una Costituzione che diceva che ogni scienziato che voleva, doveva esser libero di fare libera ricerca, però il Tribunale Regionale a cui si rivolse rispose che sì, in fondo lei aveva ragione, ma che avrebbe dovuto far firmare il ricorso al suo Direttore, perciò: niente da fare.
Di nuovo la scienziata non poteva crederci, ma poiché era mite ma tenace, decise di portare la cosa al Consiglio di Stato, dove sicuramente le avrebbero dato ragione. Al Consiglio di stato studiarono a lungo e bene la questione, perché in quel Paese le cose che sembravano semplici erano sempre le più complicate, e infine trovarono la soluzione che ci voleva: la ricerca per loro sarebbe stata ammissibile, ma dato che la scienziata che non poteva concorrere non aveva presentato nessun progetto, il progetto-che-non-c’era, non essendoci, non poteva essere finanziato.

Non c'era verso e alla fine anche la scienziata dovette capire: ecco cosa succede a chi si ostina a voler fare ricerca nel Paese-dove-la-ricerca-non-c’è.
Adesso la scienziata mite e riservata, ma tenace, è costretta anche lei a scegliere: o scappare in America come gli altri, oppure arrabbiarsi, ma tanto tanto, e non dargliela vinta neanche questa volta.
Io, che l’ho conosciuta, sono pronto a scommettere che la storia non finisce qui.

(4.4.2010 - già pubblicato in www.iovivoiovivro.it)

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