Il tritacarne televisivo


Ma chi l’ha detto che il lavaggio del cervello non esiste ed è solo una leggenda della guerra fredda?
Sentite questa: ripetendo nella sostanza un esperimento di 50 anni fa, la televisione francese ha girato un reality, “La zone Xtrème”, nel quale i concorrenti erano esortati a proseguire indifferenti verso la vittoria finale, non lasciandosi impressionare dal fatto che la punizione per chi sbagliava le risposte fosse una tortura a base di scariche elettriche. Nella stanza accanto a quella delle punizioni i concorrenti ascoltavano le grida di dolore dei condannati e dovevano dimostrare i loro nervi saldi non reagendo e proseguendo come nulla fosse.
I conduttori riuscivano ad imporsi semplicemente insistendo e dichiarando di assumersi loro tutta la responsabilità di quel che accadeva. I concorrenti non lo sapevano, ma a fingere le urla erano attori. Ebbene, solo il 19% dei concorrenti si è rifiutata di continuare il reality, tutti gli altri sono andati avanti, pur dimostrando, in alcuni casi, di essere anche fortemente turbati.

L’esperimento di Milgram, nel 1961, aveva già dimostrato che qualunque persona assolutamente normale poteva, in particolari condizioni, accettare di svolgere compiti che la coscienza e la morale avrebbero in normali circostanze portato a rifiutare. Quando l’autorità, insomma, è univoca e indiscussa e quando la personale responsabilità venga assunta da un’autorità superiore, il cervello va in pappa e la maggior parte delle persone smette di pensare.
Si confermava così quanto già detto da Hannah Arendt in occasione del processo ad Eichmann: non c’è bisogno di essere sadici assassini per sterminare milioni di esseri umani, si può essere onesti padri di famiglia e contemporaneamente comportarsi da killer seriali, facendo coscienziosamente il proprio dovere in obbedienza ad un’ordine superiore . Eichmann non era un mostro, nessuno può dirsi immune alla “banalità del male” e la Shoah non è affatto detto che non si possa ripetere.

Nulla di nuovo, dunque, se non che il video e il disperato bisogno di conquistare in tv il proprio quarto d’ora di gloria, producono inedite varianti di stati di rincoglionimento di massa. Forse è arrivato il momento di dirci che la televisione, già grandioso mezzo di alfabetizzazione popolare, è ormai morta da tempo: propinandoci ogni giorno una realtà che non esiste, vende ormai un paese di cartapesta, ma così facendo lo modella a sua immagine e somiglianza. Umilia e mortifica l’informazione, costringendola a violentare sé stessa, a trasformarsi in spettacolo, condannata com’è ad inseguire la legge dell’audience.
Meno male che c’è internet, che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo: è lì infatti che si è spostata la lotta per i diritti umani e civili e per la sopravvivenza del pensiero e non a caso il potere, che teme ciò che non può controllare, non perde occasione per metterlo sotto censura. Anche lì vige la legge dello spettacolo, ma dallo spettacolo la rete, per sua natura, trae energia che sfruttiamo per interagire e uscire dalla passività. E’ un tema intrigante, magari lo affronteremo in un prossimo articolo.
Intanto, in tv, può accadere che il figlio di un malato di SLA debba dire fantasiosamente di volersi vendere un rene per poter andare in video, essere poi trattato come carta da parati e rispedito nel dimenticatoio nel giro di 24 ore. Avanti il prossimo: la tv è ormai un baraccone tritacarne che ingoia tutto, anche la residua attività elettrica cerebrale.
Avanti, verso un radioso futuro da elettroencefalogramma piatto.

(14.3.2010 - già pubblicato in www.iovivoiovivro.it)

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